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“A salire c’è speranza”. Da Foligno a Londra passando per Hong Kong

Il giovane designer Giacomo Bevanati illustra il suo “metal love”: “A Londra ho capito la mia originalità”.

“Quando sei a un bivio e trovi una strada che va in su e una che va in giù, piglia quella che va in su. È più facile andare in discesa ma alla fine ti trovi in un buco. A salire c’è speranza.” Così scriveva Tiziano Terzani, così si potrebbero riassumere gli ultimi quattro anni di Giacomo Bevanati, 33enne, figlio di commercianti e con un futuro assicurato nel settore ma con un cuore nato per l’arte e l’intreccio del metallo.
Sì, perché dal 2014 – da quell’intervista alla Gazzetta – il designer folignate ne ha fatta di salita: Foligno, Londra, prossima tappa Hong Kong. “All’inizio non volevo lasciare Foligno ma ho visto che l’arte era dentro di me, non fuori di me. Mi sono reso conto che ero sempre stato protetto: anche per questo ho scelto di partire”.
Una gavetta oltremanica, quella di Giacomo, iniziata da cameriere e proseguita da venditore di cupcake, con un inglese tutto da imparare ma con la grande forza delle sue creazioni. Un’arte, la sua, che simboleggia l’arte del credere, del dare valore a chi esprime un potenziale, del trasformare con pazienza materiali poveri per valorizzarne la luce. È così che Giacomo inizia a proporsi, a infilarsi in fiere e spazi espositivi, a diventare imprenditore di se stesso in barba al mantra nostrano del “se non è oro non ci interessa”. Perché a Londra “non conta se è oro, conta il tuo modo di vedere le cose”, ed è allora che, dopo tanta salita, i suoi pezzi iniziano ad ammaliare: il Tate Modern di Londra, la Biennale di Venezia (Anima Mundi Festival), il Chelsea College of Arts, mentre lo attendono in autunno il palcoscenico di Colonia e le fiere di Hong Kong dove volerà con la geniale riproduzione di un ananas. “Ci ho messo un mese e mezzo per farla. Col mio lavoro passi molto tempo con te stesso. È una specie di autoterapia, ma col ferro”. Un’arte finissima e di sapiente ricamo, un intreccio mai kitsch ma sempre elegante che sa tanto della raffinatezza leonardesca. Un po’ Dama con l’ermellino un po’ Belle Ferronnière. Un Messi del design, Giacomo, con un’arte nata da una malattia e di cui la Spagna, come per Messi, è stata un volano. Un po’ perché anche Giacomo, come la pulce argentina, ha siglato il suo contratto più importante su un pezzo di carta da bar. “Mi trovavo a Ibiza e mi ero portato dietro i miei gioielli. Era troppo tardi per proporli ai negozi, gli acquisti per la stagione si fanno molto prima. Poi li ho mostrati a una negoziante e se n’è innamorata. Ha voluto comprarmi tutto. Non avevamo altro e abbiamo firmato il contratto su un foglio da riciclo”.
Ma è a Londra che, confessa, batte il suo cuore di metallo. “Ho scoperto che esistevano altri artisti ma nessuno lavorava il ferro alla mia maniera. È lì che ho capito la mia originalità”.
Una città magica, racconta, dove i sogni della gente s’intrecciano come i fili dei suoi pezzi. “C’era Genesio, il ragazzo che mi aveva ceduto la stanza. Voleva seguire le sue passioni e cercavo d’incoraggiarlo. Alla fine si è iscritto a un master in filmmaking; doveva realizzare un documentario e ha scelto di farlo su di me. “Metal Love”, il suo corto, è stato selezionato per l’East End Film Festival, una delle rassegne più grandi del Regno Unito”. Un amore di metallo, però, non sempre capito dalla sua città adottiva perché l’arte, racconta, non è sempre così intuibile. “All’inizio abitavo in un piccolo locale e avendo bisogno di luce sembravo sempre affacciato alla finestra. Una vicina ha iniziato a scattare foto: pensava fossi un maniaco, voleva chiamare la polizia. L’ho capito quando ci siamo incontrati per strada. In questo senso l’arte va davvero fatta capire”.
“Non è vero che Londra sia grigia – aggiunge -. È piuttosto un incubatore emozionale. È su un’isola, le nuvole corrono veloci, danno possibilità al cambiamento. Anche noi siamo così: un momento positivi, un altro no, proprio come Londra, ma dobbiamo dare spazio al fluire. È una città che ti aiuta ad allenare la tua emozionalità”.
Forse è vero, allora, quanto dice Terzani: che a salire c’è speranza. Perché è quando sali che cambi prospettiva. È allora che anche Londra diventa il tuo personal trainer di emozioni, che anche un pezzo d’acciaio non è più un pezzo d’acciaio ma un meraviglioso gioiello. Forse per questo l’arte di Giacomo dà speranza. Imboccare una salita per credere.

FRANCESCA BRUFANI

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