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Cellulari a scuola, la preside: “Cari ragazzi vi scrivo”

Lettera della dirigente delle scuole medie di Spello Maria Grazia Giampè ai suoi studenti dopo alcuni casi di “uso improprio” degli smartphone. Intervistata dalla Gazzetta dice ai genitori: “occorre lavorare anche a casa sul linguaggio, sull’empatia e sul rispetto delle regole” 

“Care alunne e cari alunni, sono diversi giorni che vengo a trovarvi nelle vostre classi a causa di segnalazioni di comportamenti scorretti, specie nell’uso del cellulare”. Comincia così la circolare di cui è stata data lettura in classe lunedì scorso ai ragazzi della scuola secondaria di secondo grado dell’Istituto comprensivo “Galileo Ferraris” di Spello. La missiva, firmata dalla dirigente scolastica Maria Grazia Giampè e inviata anche ai genitori, evidenzia grande attenzione da parte della scuola verso un problema diffuso: quello di un utilizzo non corretto del cellulare e dei social da parte dei giovanissimi. “Purtroppo abbiamo saputo che vengono usati cellulari mentre siete ai servizi igienici e che nelle chat tra di voi viene usato un linguaggio offensivo, lesivo della dignità personale e con un lessico proprio inadeguato. Non ci siamo” scrive Giampè ai ragazzi, ai quali più avanti spiega: “Noi siamo qui per voi, perché non serve acquisire conoscenze e competenze disciplinari se non diventiamo ogni giorno più umani e solidali”. La lettera ai ragazzi si chiude con un “consiglio per le chat di classe che mi hanno suggerito proprio alcuni di voi. L’amministratore deve scrivere la regola che si viene rimossi dal gruppo in caso di parolacce, bestemmie e offese. Impariamo ad utilizzare i cellulari e le strumentazioni tecnologiche per essere più vicini, per condividere belle esperienze e per aiutarci l’un l’altro. Un grande saluto colmo di fiducia nella vostra capacità di riflessione e di azione”. Della missiva e dell’approccio della scuola al problema abbiamo parlato proprio con la dirigente scolastica, intervistandola. 

Professoressa Giampè, sono ben noti i problemi derivanti dall’utilizzo di social media e smartphone da parte dei ragazzi. Cosa può dirci dal suo osservatorio circa i loro comportamenti?

“I ragazzi spesso usano i social con troppa superficialità. Conoscono i pericoli del web, dei gruppi WhatsApp, ma solo in teoria. È un po’ come pensare che le situazioni brutte accadono, ma non a noi. La conoscenza che hanno è proiettata altrove, riguarda gli altri. Inoltre tendono a minimizzare. Quando si cerca di farli riflettere la loro risposta è sempre questa: ‘Eh che sarà mai? È una foto! C’è scritta una parolaccia, è uno scherzo!’. Il device apparentemente crea una barriera con la realtà e spesso fa illudere che il virtuale non sia reale. Nessuno di loro si sognerebbe di offendere un compagno in classe o di persona usando un certo linguaggio: la persona davanti è vera. Ma nel gruppo WhatsApp è una piccola immagine o un avatar e allora tutto diventa possibile. A ciò si aggiunga che anche gli adulti tendono a minimizzare con l’espressione ‘è una ragazzata’ e così tutto sfuma in un indistinto permissivismo che non va bene, che non ci fa bene…

Di FEDERICA MENGHINELLA

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