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“Facciamoci trovare pronti”

Tra pandemia, guerra e prospettive legate al Pnrr, il professor Luca Ferrucci dell’Università di Perugia analizza l’attuale situazione sul territorio, con un focus sulle questioni folignati. Ecco le sfide che attendono il mondo dell’imprenditoria

La pandemia prima e la guerra ora stanno modificando gli equilibri socio-economici dell’intero pianeta. Anche l’Umbria non è certo esente dagli importanti stravolgimenti tutt’ora in atto, che si ripercuotono sempre più nel nostro quotidiano. Cambiamenti che impongono a istituzioni e imprese di ripensare nuovi modelli per cogliere le sfide che i nostri tempi ci impongono. Per capirne di più, abbiamo intervistato l’economista Luca Ferrucci, professore ordinario di Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi di Perugia.

Professore, partiamo da questi giorni di guerra in Ucraina

“La drammaticità sociale del conflitto russo-ucraino è di tutta evidenza. Focalizzandoci sull’economia umbra, non possiamo non evidenziare diverse conseguenze che purtroppo potrebbero riflettersi nei prossimi 4 o 5 anni. Non sarà quindi un elemento contingente. Con la cessazione della guerra non scompariranno le conseguenze economiche nella nostra regione ma, purtroppo, si rifletteranno anche in futuro”

Quali saranno queste conseguenze?

“Da diverso tempo tutti focalizzano l’attenzione sul tema delle fonti di energia come gas e petrolio. È la prima conseguenza immediata che tutti abbiamo percepito del conflitto. Per l’economia questo significa meno potere d’acquisto per le famiglie, ma anche costi maggiori per alcuni settori industriali come quelli della ceramica o della metallurgia. Per l’Umbria significa una penalizzazione della capacità di export per settori che già da diversi anni cercavano di essere presenti sul mercato russo. È il caso della fascia medio-alta della moda, così come filiere di eccellenza agroalimentare come olio e vino che risentiranno delle sanzioni. Inoltre, l’Ucraina è un Paese dove qualche impresa umbra ha delocalizzato o acquista dei semilavorati: a causa del conflitto si avranno problemi rispetto agli approvvigionamenti. Non dimentichiamoci la questione del grano. Altra conseguenza della guerra sono i flussi di turismo e degli investimenti che i russi avevano fatto da noi, soprattutto nelle strutture ricettive di una certa qualità. Investimenti, questi, che negli anni a venire rischiano di diventare dei disinvestimenti. Una volta realizzate, queste strutture sarebbero dovute essere degli attrattori del ricco turismo nascente russo nella nostra regione. In ultimo, non possiamo tralasciare i flussi migratori. Tra le conseguenze nefaste della guerra, vi è un flusso di bambini, donne e anziani che stanno già arrivando per cercare un lavoro dignitoso. Quindi, nel mercato del lavoro ci sarà il peso delle migrazioni. Alcuni stimano l’impatto della guerra in una riduzione del tasso di crescita del Pil umbro di circa l’1%”.

Superbonus, ecobonus. Sono tutte misure che hanno dato un nuovo slancio al settore dell’edilizia. Opportunità che ora rischia però di venire meno, vista la mancanza delle materie prime. È così? 

“Il settore dell’edilizia, a prescindere dal conflitto, si è trovato davanti a una ripartenza molto rapida e intensa. L’impatto dei provvedimenti governativi è stato immediato soprattutto in Umbria, dove l’incidenza della filiera dell’edilizia è di circa 2 punti percentuali in più rispetto a quella nazionale. Ora però si è formato un collo di bottiglia per l’approvvigionamento, anche con impatti speculativi su alcuni materiali. In prospettiva, il rischio è che il settore dell’edilizia che oggi sta correndo grazie al bonus, poi rischierà di rallentare. Bisogna capire quindi cosa vuole diventare la filiera dell’edilizia da qui ai prossimi dieci anni, cioè una volta che non avremo più il bonus 110%. Oggi abbiamo una nuova edilizia abitativa, fatta di materiali ecosostenibili, che dovremmo cominciare a sperimentare in maniera più intensa rispetto a quanto fatto sinora. Ci troviamo inoltre in una regione in declino demografico, il che comporta inevitabilmente una riduzione della domanda di abitazioni. Abbiamo un patrimonio abitativo, come le zone dell’Appennino o le periferie delle città, dove c’è un’elevata incidenza di case non utilizzate, cioè sfitte. Questa offerta abitativa significa che non abbiamo bisogno di nuovo cemento, ma dobbiamo immaginare di recuperare funzionalmente queste abitazioni non utilizzate. Accanto a questo, abbiamo degli edifici pubblici dismessi nei centri delle città. Quando il bonus finirà, la vera questione sarà quella di rifunzionalizzare gli edifici pubblici come le caserme e i vecchi ospedali e, dall’altro lato, immaginare i recuperi di interi quartieri secondo una logica sostenibile. È una sfida che il Superbonus non ci darà, ma alla quale dovremo pensare”

Facciamo ora un focus su Foligno…

“Foligno è veramente il cuore pulsante di una manifattura regionale che ha testa, braccia e gambe nel localismo di questa città. Per testa si intendono i processi decisionali, di assetti proprietari, le fabbriche, la manodopera e così via. Dentro queste imprese ci sono una micro meccatronica, meccanica, elettronica, informatica veramente di eccellenza. Sono imprese spesso legate a filiere di fornitura globali, basti pensare a quelle dell’automotive e dell’aerospazio…

Di FABIO LUCCIOLI

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