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Il viaggio fotografico di Pier Paolo Metelli tra le rovine di Pompei

Chiamato a ripercorrere per immagini la storia del celebre sito archeologico per un’importante guida, il professionista di Montefalco ha vissuto per cinque mesi assaporando la vita che brulicava tra le vie, le insule e le case prima dell’eruzione del Vesuvio

“Il paradosso è che il Vesuvio, il cuore di tutto ciò che è accaduto a Pompei, punto focale purtroppo di morte e devastazione, per me era il punto di riferimento. Quando non riuscivo più a districarmi in quella immensa città silenziosa era il mio faro”. Ci sono esperienze che segnano una vita, quelle che ti capitano una volta e delle quali, quando chiudi gli occhi, ancora ne riassapori le sensazioni. Il lavoro del fotografo è un lavoro molto particolare, nell’era del digitale è andato quasi scomparendo, a discapito delle innumerevoli immagini (senz’anima) che produciamo ogni giorno con i nostri smartphone. Tuttavia l’occhio del fotografo, insieme alla testa e al cuore, ancora fanno la differenza. Ed è un orgoglio quando grandi committenti chiamano un “professionista” per documentare con la propria sensibilità un luogo, un evento o un pezzo di storia. È il caso del Grande Progetto Pompei al quale ha collaborato come fotografo il montefalchese Pier Paolo Metelli.

“Sono da sempre appassionato di storia e di arte e quando mi è arrivata la possibilità di fotografare, per le nuove guide, la grande città di Pompei – racconta lo stesso Metelli – quasi non ci credevo. Uno di quei sogni che si avverano, perché, ancor prima di partire, già sapevo di andare a scoprire zone non accessibili ai turisti, il privilegio di solcare terreni unici”. Fotografare un’area vasta come Pompei vuol dire vivere a stretto contatto con quelle insule, case e vie romane ogni giorno, pianificare la zona da documentare, studiare al meglio la luce e buttarsi a capofitto in una delle aree archeologiche più affascinanti del mondo.

“Ricordo ancora, quando tornavamo in camera, l’odore della polvere, ne eravamo letteralmente invasi. Le sensazioni provate camminando da soli tra le case e le insule sono state veramente particolari. Avevo una mappa tecnica nella quale c’erano scritte la metratura e altre caratteristiche, ma proprio per capire al meglio cosa dovessi fotografare, iniziavo ad esplorare senza macchina fotografica quei luoghi. Magari giravo l’angolo di una stanza e mi trovavo di fronte mosaici incredibili. Una volta, ad esempio, in uno dei grandi giardini da fotografare abbiamo trovato moltissimi cocci e vecchie anfore, molti penseranno sia la normalità, ma in mezzo a quei resti si celava un frammento di bassorilievo incredibile…

DI ALESSIO VISSANI

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