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“Cittadini protagonisti della sanità”

Intervista al dottor Mauro Zampolini, direttore del “San Giovanni Battista”, rispetto ai troppi ricoveri in ospedale che rischiano di mandare in tilt l’attività: “molti di questi sono inappropriati”. Sulle liste d’attesa previsti percorsi specifici per le patologie più serie

“Non esiste un ospedale di qualità senza un territorio di qualità”. È uno slogan che il dottor Mauro Zampolini, direttore dell’ospedale “San Giovanni Battista” di Foligno, ripete da diverso tempo. Un motto che racchiude un mondo. Tra le varie cose, anche un cambio di mentalità da parte delle persone, che devono sentirsi protagoniste della salute di tutta la collettività. Qualcuno potrebbe pensare ad un facile “scaricabarile” verso i cittadini. Ma non è così. Il ragionamento che porta il dottor Mauro Zampolini a chiedere l’impegno di tutti affinché la sanità funzioni, parte proprio dalla volontà di rendere i cittadini protagonisti attivi e non più figure passive. A cinque mesi dall’ultima volta (Gazzetta 44 del 18 dicembre 2022, ndr), siamo tornati ad intervistare il numero uno dell’ospedale di Foligno per un focus sulla situazione dei ricoveri. 

Dottor Zampolini, com’è ora la situazione in ospedale?
“Da fuori si vede una difficoltà generale di accesso alle cure e allora ci siamo chiesti cosa davvero stia accadendo. La risposta sta nel fatto che, durante la pandemia ma anche oggi, abbiamo un iperafflusso di ricoveri. In primo luogo al pronto soccorso, che fortunatamente riesce a filtrare le persone che effettivamente hanno bisogno di essere ricoverate. Malgrado questo, dobbiamo gestire una quantità enorme di persone in Area medica, soprattutto anziani e malati terminali”

Un iperafflusso che ha portato anche a sistemare delle barelle nei corridoi… 
“È un fatto non auspicabile che stiamo cercando di contrastare. Per questo è stato realizzato un documento di indirizzo sulla gestione di questo iperafflusso, per dare delle regole al personale. Proprio per migliorare la situazione, abbiamo aperto un dialogo con i medici di medicina generale: se in ospedale ci sono troppi accessi, significa che il territorio è in difficoltà. E, appunto, se il territorio non funziona, di conseguenza anche l’ospedale non va”

Perché arrivano tutte queste persone in ospedale?
“Prima della pandemia la situazione era diversa. Quindi, una prima spiegazione sta nel fatto che il Covid-19 ha prodotto ‘più malattia non Covid’. Inoltre, le lunghe liste d’attesa obbligano il paziente ad andare al pronto soccorso. Ma la cosa che più mi preoccupa è un’altra…”

Ovvero?
“Credo ci sia un cambiamento culturale e di debolezza del tessuto sociale rispetto alle persone in fase terminale, che ‘vengono a morire’ in ospedale. È una cosa poco accettabile, anche eticamente. Quando un paziente è terminale, significa che la medicina non può più fare nulla e credo sia giusto che le persone meritino di morire nella propria casa. Purtroppo, a livello culturale, si fa fatica ad accettare questo tipo di situazione. È comprensibile, ma vorrei aprire una riflessione sull’importanza di facilitare l’accompagnamento della morte nel proprio domicilio, è un dovere che noi abbiamo. In questo contesto, la medicina palliativa è importante, perché prepara alla morte. Abbiamo avuto diverse riunioni con questo Servizio per aumentare il sostegno a domicilio”… (Continua…)

Di FABIO LUCCIOLI

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