ok - 2015 06 07 Strade diritte

Strade diritte e vie tortuose

Le strade di oggi non sono quelle del passato. Non si adagiano sulle valli e non ne seguono le pieghe irregolari, per appoggiarsi poi sui fianchi dei pendii arrancando metro dopo metro fino ai valichi dove lo sguardo si apre verso altre valli ed altri pendii. Le strade oggi tirano righe dritte, come se la terra fosse un tavolo da disegno. Passano sopra e sotto l’altimetria, livellandola con la potenza dell’ingegneria e del cemento armato. La natura rettilinea di queste piste di accelerazione dell’inquietudine umana si manifesta fin nella scelta dei nomi, non più vie, ma assi, direttrici. “Quadrilatero” è metafora di semplificazione morfologica e insieme segno di circoscrizione, di quadratura, immagine di una rassicurante completezza insegnata già coi primi rudimenti scolastici di geometria piana. Ma la linearità che tira viadotti da un pendio all’altro e buca le montagne da parte a parte si scontra con la tortuosità dei procedimenti, la circolarità delle responsabilità e la morfologia indomabile delle procedure d’appalto. Così accade che un buco perfettamente levigato in superficie, bianco e splendente di illuminazione artificiale, abbia i rivestimenti troppo fragili e irregolari. A dirlo non è più solo la voce di anonimi operai intervistati di spalle da una cronista zelante, ma una nota ufficiale di Anas che dà minuzioso conto delle irregolarità riscontrate. Per essere precisi: rispettivamente il 23% e il 32% del rivestimento delle due “canne” della galleria “La Franca” della nuova Statale 77 ha spessori inferiori di almeno 5 cm a quelli del capitolato. Nel 10% del tratto irregolare la diminuzione è superiore a 20 cm. Non c’è niente da fare. I numeri ci danno sicurezza, come la geometria piana, tanto più se derivanti da analisi svolte con sofisticate tecniche georadar. Ci restituiscono la sensazione che tutto sia sotto controllo e che potremo andare presto al mare come un proiettile sparato nella canna di una galleria. Siamo già pronti a cementare insieme ai rinforzi che il Contraente Generale dovrà realizzare nel rivestimento tutte le domande e i dubbi che ci allontanano dal percorso rettilineo che va dal fiume Topino all’Adriatico: Come è stato possibile? Chi doveva controllare? Chi ci ha guadagnato se Anas insiste che è stato usato più cemento di quello previsto? E come saranno state fatte le altre gallerie? Come andrà avanti l’inchiesta della magistratura? Ci saranno sequestri? Quando saranno finiti i lavori? E quanto indietro si potrà andare nella catena di responsabilità? Chi pagherà alla fine? Il progresso ci ha fornito i mezzi per addomesticare le asperità del terreno, ma ci sono pendii sui quali dobbiamo ancora arrampicarci per sentieri sconnessi e aspri, perché il progresso civile non dipende dalle conquiste della tecnica. Raddrizzare le vie dell’uomo, rispettare i patti anziché aggirare i controlli, considerare il bene di tutti superiore al proprio tornaconto, lavorare nel segreto di un buco scavato nella roccia come se tutti potessero vederti: non ci sono CAD per progettare tutto questo. Nessuna tecnologia per alleviare la fatica in questo cammino.

VILLELMO BARTOLINI

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