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Imprenditoria locale e occupazione

Negli ultimi anni si è persa occupazione a causa di una deindustrializzazione ed una disintermediazione selvagge; l’economia si è scomposta, disorientata, ammalata ed indebolita, ma ora nuovi meccanismi si stanno attivando. Il lavoro si presenta più incerto a causa dei nuovi attori a trazione globale che determinano nuove asimmetrie con le quali confrontarsi in competizioni sempre più on demand. Al paradigma classico che vedeva capitale e lavoro e lo stato in mezzo come regolatore, ora occorre aggiungere flussi, luoghi e territorio in mezzo. Per ciò saranno sempre più necessarie le sinergie e le connessioni di coordinamento e l’accesso sta diventando prioritario rispetto all’ownership, cioè agli assetti proprietari. L’impresa deve essere più imprenditiva e meno industria ed i dipendenti non più soggetti passivi, ma devono mirare al proprio empowerment, termine anglosassone che sintetizza un processo dell’azione sociale con cui le persone e le comunità acquisiscono competenze al fine di cambiare il proprio ambiente sociale e politico per migliorare l’equità e la qualità della vita, entrando a pieno titolo nell’ascensore sociale. Le imprese locali che hanno più spinta sono quelle che hanno saputo interpretare e rendere interpreti i dipendenti di quanto sopra. Alla tipica formazione interna on the job (che purtroppo compensa percorsi didattici insufficienti) hanno affiancato un sistema olistico, cioè hanno integrato nei dipendenti anche competenze sociali adattive e quindi inclusive nei processi aziendali con lo scopo di valorizzare la loro creatività ed il pensiero critico verso il problem solving necessario per migliorare i processi aziendali. Il dipendente ha così coscienza del proprio ruolo e rappresenta uno stakeolder, cioè portatore d’interesse nel sistema aziendale e non più un soggetto che associa alla parola lavoro quella di sfruttamento. Le imprese in sofferenza devono trovare il coraggio di reinterpretarsi secondo il modello clean sheet, foglio pulito, sul quale riscrivere nuovi meccanismi e strategie ad alto contenuto di conoscenza volti alla competizione e scevri da ogni tentazione di parassitismo. L’innovazione è la password che permette di accedere al futuro. Le Istituzioni e le parti sociali hanno il compito di individuare condizioni per favorire un ambiente competitivo che funga da acceleratore di imprese, affinché possano nascere anche start up non velleitarie ma che rappresentino il rinnovamento del tessuto sociale. Attualmente sono le singole aree che competono secondo un concetto glocal, globale e locale: occorre una realtà locale in grado di fornire accoglienza, supporto, servizi di tutoring e mentoring, perché le giovani imprese, all’inizio, possano concentrarsi sull’obiettivo senza disperdere energie fra il commercialista, il notaio, la ricerca di una sede. Insomma servono nuovi imprenditori e costruttori del futuro in grado di far convivere innovazione, impresa e società.

UMBERTO NAZZARENO TONTI

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