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Preti e pompieri congiunti nella felicità

La rivista americana “Forbes” ha riportato i dati di uno studio effettuato negli USA

Preti e pompieri battono gli imprenditori in termini di durata della vita e di felicità. Che i religiosi vivessero più a lungo dell’intera popolazione è una nozione statistica nota da sempre. Ma che i preti fossero i più felici in una classifica di varie categorie mi ha colto di sorpresa. Ed ancor più il secondo posto assegnato ai pompieri. Questi esposti a tanti pericoli, i preti sottoposti alle incomprensioni più acute. Eppure felici. Perché? I preti votati alla povertà, ma carichi di carità, dediti a servire piuttosto che e essere serviti. Guidati dalla preghiera ed incitati da quell’uomo in bianco che da Roma invita a servire gli altri per raggiungere la felicità eterna. Ma la felicità eterna non si vede, la felicità terrena si palpa, addirittura si può quantificare con appositi test, come sanno fare gli esperti di settore. Anche i pompieri, secondi per soddisfazione e felicità, sono dediti a servire persone in difficoltà, in pericolo di vita, votati a difenderle in ogni circostanza di bisogno fisico. Insomma preti e pompieri conoscono bene l’arte di donarsi che li conduce nell’empireo della felicità. E chi lo dice? La rivista più glamour del successo mondiale, “Forbes”, che riporta i dati di uno studio effettuato negli USA, ove per la prima volta si registra che i “vincitori” – cioè gli imprenditori – non sono i più felici. Voi credete che Don Maurizio Patriciello, il prete della “terra dei fuochi” nel napoletano che vive sotto scorta, sia un “vincitore”? No, ma è un uomo felice – lo dice lui stesso – poiché si dedica agli altri, e in modo pesante, servendo il Signore. Tutti noi abbiamo conoscenza di donne e uomini religiosi che dedicandosi “toto corde” al prossimo raggiungono la felicità terrena. È vero, spesso questa gente positiva viene lasciata sola. È gente che emana profumo dell’immenso, proprio mentre lotta e apre strade. È gente che racconta con i fatti il bello e il brutto del suo territorio. Ho chiesto ad alcuni preti amici se siano felici, dal momento che possono essere inseriti nel novero di coloro che attingono all’arte della donazione. Una risposta non uniforme, anche se vicina a quella della categoria di sacerdoti americani, che sottolinea in ogni caso come il mettersi al servizio dell’altro è sempre appagante. Per ambire al sorriso altrui, che poi si traduce nel sorriso proprio, come espressione di felicità. Che mai uguaglia comunque quella scaturita dal servizio al Signore. Un prete mi confessa candidamente di “essere innamorato di Cristo e questo mi dà il massimo della felicità”. Ci credo. Ho chiesto anche al mio amico Giuseppe, pompiere da 30 anni, che cosa sia per lui la felicità: “Vedere il sorriso della persona che sono riuscito a salvare da un pericolo incombente”. In questi termini capisco meglio il messaggio riportato da “Forbes”.

MARIO TIMIO

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