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Attenti a quelle due!

Sono di Foligno le più giovani atlete della nazionale di Judo Kata

Giovanissime e con una passione che si è rivelata presto un talento! Martina Ugolini e Martina Ricci, 17 e 18 anni, entrambe di Foligno, sono la coppia più giovane della nazionale di Judo. Tre volte a settimana, in forza alla società Kodokan, si allenano nella palestra Fisiogym alla Paciana. Qui è cresciuta la loro passione per il Kata che le ha portate sino al Campionato Europeo in Francia. E mentre sognano gli europei e i mondiali, il prossimo 13 marzo, a Pordenone, torneranno in gara con il Grand Prix per contendersi l’accesso al campionato italiano.

Judo1Martina e… Martina, siete giovanissime ma già campionesse! Come è nata la vostra passione per il judo?
U: Credo frequentassi la seconda o la terza elementare. Praticavo già la ginnastica ritmica, ma mio fratello era ancora alla ricerca di uno sport da fare. Aveva visto il manifesto del judo e deciso di provarlo. I miei genitori, per non fare un doppio viaggio, mi lasciavano assistere ai suoi allenamenti prima di portarmi a ritmica. Il judo, però, mi è piaciuto subito. Era tutto scalmanato, fantastico per una bambina di sette anni! Piano piano ho cominciato a provare anch’io, prima venti minuti, poi mezz’ora e alla fine ho lasciato la ginnastica per il judo… ed eccomi qua dieci anni dopo!
R: Per me è difficile dirlo. Mio papà (Sergio Ricci, ndr) è allenatore di judo e, da piccola, lo accompagnavo. Ho sempre e solo fatto judo.

Voi, però, non praticate lo shiai, il judo di combattimento che tutti conoscono?
R: No, noi pratichiamo il kata, un insieme di tecniche predefinite, in cui io conosco le mosse del mio compagno e viceversa. Bisogna, però, eseguire queste tecniche alla perfezione: alla fine di ogni esibizione, infatti, la giuria ci valuta e assegna un punteggio.

Il kata nasce come tecnica di riscaldamento, giusto?
R: Sì, il fondatore del judo usava il kata per spiegare cosa fosse il judo e lo utilizzava come riscaldamento. Anche noi, oggi, iniziamo con il classico allenamento del judo e proseguiamo poi con il nostro kata.

Quale specialità praticate?
R: Il katame no kata, ossia la lotta a terra che mostra come un tori (chi esegue la tecnica) si comporta con un ughè (chi subisce la tecnica).

Da quanto tempo siete in nazionale?
U: Da due anni partecipiamo agli allenamenti della nazionale. Nel 2014 siamo state a Ostia, lo scorso anno a Maranello, a maggio andremo a Olbia. Da poco, però, è stata ufficializzata la nostra entrata in squadra.

Come vi hanno convocato?
U: Di anno in anno abbiamo partecipato alle diverse gare di esperienza. Con il punteggio accumulato nelle diverse competizioni, ci hanno chiamato per il campionato italiano. Quando in Puglia, poi, ci siamo classificate tra le prime sei in Italia, è arrivata la conferma della nostra partecipazione in nazionale.

Gareggiate, dunque, sempre in coppia: c’è competizione tra voi?
R: No! Abbiamo tanta affinità che è cresciuta soprattutto negli ultimi anni.

Uno sport che vi lega anche nella vita: che cosa è, allora, per voi il judo?
U: Io lo vivo come il superamento di un limite. Sono passata dal praticare judo liberamente, all’essere vincolata a una macchinetta di plastica che mi impone dei limiti che non posso oltrepassare. È la dimostrazione, allora, che posso farcela e non devo essere dipendente da qualcun altro.
R: Per me è uno stile di vita, la filosofia del judo si basa sul piccolo che batte il grande, sul bambino che proietta l’omone grande che gli fa paura. Ed è vero: non ha barriere! Una bambina che si allenava da noi, soffriva di mutismo selettivo: dopo un anno di judo, ora parla con tutti!

Uno sport per tutti e per tutte le età!
R: Assolutamente sì, basta saper camminare! Il judo è un grande maestro: insegna a cadere, a rapportarsi in un gruppo, insegna l’autodifesa e l’autocontrollo. È una forma d’arte: due persone che combattono, agli occhi di chi guarda, creano davvero qualcosa di bello!

ANNAMARIA BARTOLINI

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