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Sul diminuire le diocesi in Umbria

Tanto tuonò che alfine piovve. Fu pubblicata nel novembre 1970 una Mozione del Consiglio Regionale dell’Azione Cattolica in Umbria. L’arcivescovo di Perugia la inoltrò al cardinale Villot della Curia Romana. Conteneva un alto lamento perché da tanti anni si parlava di un nuovo assetto delle diocesi umbre, ma non si realizzava niente.
Nel luglio del 1972 scoppiò la bufera. Vediamo come colpì la diocesi di Nocera Umbra. Non contò nulla la sua antichità, non contarono nulla gli ottimi vescovi che l’avevano guidata anche recentemente, non valse che il clero diocesano fosse concorde e compatto più che in altre diocesi umbre. Il provvedimento della Santa Sede stabilì che la parte delle parrocchie nel territorio marchigiano fosse suddivisa tra quattro diocesi delle Marche; la parte umbra della diocesi doveva essere affidata all’Amministratore Apostolico monsignor Siro Silvestri vescovo di Foligno. Fu convocato il Capitolo della cattedrale di Nocera per la comunicazione ufficiale del decreto; mons. Silvestri lesse il documento, nessuno commentò, nessuno aprì bocca. Era segno di smarrimento, di insoddisfazione, di sofferenza; sembrava un funerale: che colpa aveva la diocesi nocerina per dover scomparire? Nessuna colpa, ma era piccola, quasi che la piccolezza fosse un delitto meritevole di alto castigo. Non tutti stettero zitti; quando il vescovo di Senigallia si recò a Sassoferrato per prendere in consegna le parrocchie della zona, i parroci alzarono la voce dichiarando apertamente che rifiutavano il provvedimento venuto da Roma. Nello stesso tempo, monsigmor Antonio Berardi che era direttore del giornale interdiocesano “La Voce”, cominciò una campagna giornalistica contro il provvedimento. Monsignor Girolamo Giovannini, che tutti riconoscevano come uomo saggio, tentò la pacificazione; inutilmente, perché monsignor Berardi ne morì per il dolore, come racconta il Giovannini stesso.
Che si doveva fare, dunque, per una sistemazione migliore dei confini delle diocesi umbre? Presto detto, ma difficile definirlo. “Prima domandiamoci quanta vitalità le diocesi umbre erano (sono) in grado di esprimere, ciascuna con le proprie forze. E quanta comunione dinamica andavano (vanno) sperimentando tra loro. Accanto alle strutture c’era (c’è) da migliorare la mentalità”. Chi suggerisce questi saggi provvedimenti è un laico, è Antonio Nizzi, fino a poco tempo fa direttore editoriale della “Gazzetta di Foligno”. È un professore che conosce i metodi della pedagogia, infatti è una pedagogia inevitabile quella che suggerisce un’analisi non superficiale, non semplicemente numerica, della situazione e creare in anticipo, per tempo, occasioni di interdiocesanità. Tutti vogliono, senza dubbio, evitare i diktat. Si vuole agire con prudenza (madre Chiesa ne offre esempi numerosi e preclari). Si vuole calcolare le urgenze. Si vuole calcolare anche, perché no?, i pericoli.

dantecesarini@virgilio.it

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