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Mille e quindici voti tengono in ostaggio una città

Torna lo spettro del commissario. “L’arrivo del rappresentante del Governo – è una delle interpretazioni – sarebbe un duro colpo per la città. Si perderebbero circa dieci milioni di investimenti europei, ci sarebbe la chiusura definitiva della Fils, per improduttività, con il licenziamento dei dipendenti e rimarrebbero al palo, se non cancellati, investimenti in via di programmazione”. Dopo l’ultima riunione l’amministrazione comunale resta “tra color che son sospesi”. Solo trenta giorni per invertire la rotta e tornare a governare con i numeri necessari. Il sindaco non demorde e attacca. “Basta con questo giochino, il confronto si fa se ci si presenta agli incontri e si discute”. Il segnale è chiaro perché il primo cittadino ha aggiunto che la città non può essere ostaggio di quattro dissidenti. E a proposito degli ‘accusati’ abbiamo ripescato, per dovere di cronaca, le preferenze ottenute dai quattro consiglieri che stanno mettendo in crisi il governo della città. Lorenzo Schiarea del Movimento per Foligno (gruppo Ronconiano), rientrato in consiglio per decisone del Tar, ha ottenuto 142 preferenze. Roberto Ciancaleoni rientrato in consiglio perché l’unico eletto del Psi è stato Emiliano Belmonte che si è dimesso in quanto assessore, ha ottenuto 145 preferenze. La dottoressa Lorella Trombettoni eletta nel Pd e passata al Gruppo misto ha avuto 431 preferenze e il dottor Moreno Finamonti, Pd, si è fermato a 297 voti (dati acquisiti dal sito del Comune). A questo punto sono in molti a chiedersi: è possibile che questi consiglieri, per carità eletti legittimamente, con i loro 1015 voti complessivi, che rappresentano solo il 9,35% dell’elettorato di centrosinistra, tengano in scacco la città? È una domanda che circola non solo nel Pd ma anche tra l’elettorato moderato. Tanto per essere più precisi ricordiamo i risultati delle elezioni al ballottaggio di giugno 2014, Mismetti ha avuto 10.861 voti pari al 56,50% mentre Stefania Filipponi ha totalizzato 8.362 voti pari al 43,50%. Fin qui i numeri di questa complicata partita a poker sul cui tavolo sembrano ombreggiare altri giocatori, della stessa squadra, che hanno come obiettivo di mandare a casa il sindaco. E questo perché, come ha scritto, di recente, l’illustre collega Fabrizio Rondolino, “il Pd non esiste più da tempo. Al suo posto c’è una litigiosa confederazione di tribù, divise da antichi rancori personali”. Con i soliti personaggi, aggiungiamo noi, che mentre aborriscono ufficialmente da ogni pretesa, continuano sottobanco la questua con il cappello in mano. Altrimenti si arrabbiano. A proposito, negli anni ‘80, quando era sindaco il buon Antonio Ridolfi, guerriero rosso del Pci, la Dc votò il bilancio, per il bene della città e per non subire l’onta del commissario. Ma erano altri tempi, altre stature, altri partiti. E con un mondo cattolico vivace, presente e partecipativo.

ROBERTO DI MEO

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