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I faccioni

A Porta Romana sono comparsi i pannelli su cui i partiti affiggeranno i faccioni elettorali. Apriti cielo. I sapienti da tastiera ne contestano l’ubicazione oscena. Ma se è oscena oggi era oscena anche ieri, quando i faccioni incontravano i favori della gente. Eppure nessuno si è mai lamentato. Imperversa l’antipolitica, il dagli all’untore. Basta poco a far passare la scienza del governo come l’unica manifestazione del male, a far scattare il sospetto che chi ci amministra calpesti i nostri diritti. Funghiscono i luoghi comuni contro i partiti e le istituzioni. Per non fare di tutta l’erba un fascio servirebbe un pizzico di onestà intellettuale, anche perché l’umanità è costretta a confrontarsi con la politica. Sebbene i nostri rappresentanti ci abbiano delusi a che giova manifestare a tempo pieno contro ogni loro decisione? I giacobini virtuali perculano i politici facendoci credere che anche questa sia politica. Sono in pochi ad accorgersi che è solo una pratica da dilettanti, goffamente dispotica, scioccamente decisionistica, generatrice di un sentimento diffuso che porta all’astensionismo. A che serve chattare contro le élites dominanti? Quel che conta è proporsi, confrontarsi, dare prova che chi sproloquia è capace di promuovere pratiche volte alla buona amministrazione. Volenti o nolenti la politica è il destino degli uomini, da cui non v’è modo di sottrarsi. Chi non comprende questo affidi pure il suo futuro ad una salace battuta lanciata come un sasso nell’inutile stagno della virtualità e avrà consegnato il suo avvenire ai faccioni che verranno.                              GIOVANNI PICUTI

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