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Un folignate nell’olimpo del volley, Luca Bucciarelli si racconta

È alto 2 metri, è giovanissimo e viene da Sportella Marini. Prima giocava con i piedi, ora usa le mani. E fa parte di una delle squadre di volley maschile più forti d’Italia e d’Europa.

Ciao Luca, presentati ai lettori della Gazzetta

Sono Luca Bucciarelli, ho ventiquattro anni, gioco a pallavolo da sei anni e per me questo è un anno fantastico sotto tutti i punti di vista: milito nella Superlega e… faccio parte della Sir Perugia!

Raccontaci subito l’emozione della vittoria della Coppa Italia, il tuo primo titolo da giocatore professionista.

È stata un’emozione unica che ricorderò per sempre. Vincere è sempre bello, ma vincere un titolo ai massimi livelli lo è ancora di più. È stato un evento di due giorni organizzato benissimo e a cui hanno preso parte le quattro squadre più forti della Superlega italiana. Devo dire che sono stati due giorni di emozioni fortissime.

Facciamo un passo indietro: giochi da sei anni a pallavolo, ma prima eri calciatore, giusto?

Sì, ho iniziato a sei anni col calcio e per undici ho fatto sempre quello. Pensavo di portarlo avanti per sempre, ma a sedici anni mi sono fermato per un infortunio e in quel momento ho capito cosa volevo fare. Tramite un mio amico che giocava con le giovanili del Perugia si è creata l’occasione di provare con la pallavolo. Sono andato, mi è subito piaciuto e da lì è iniziata questa mia avventura!

C’è stato un momento preciso in cui hai capito che il volley sarebbe stato il tuo sport?

È scattato subito qualcosa in me, anche se all’inizio non riuscivo a rendermi conto se sarei riuscito a fare bene: avevo paura di ‘steccare’, di non essere all’altezza e di non riuscire nelle cose. Grazie agli allenatori, che mi hanno dato fiducia e mi hanno detto dove migliorare, mi sono reso conto che pian piano potevo farcela anche io.

Sei partito dalle giovanili della Sir ed ora sei tornato nella squadra dei ‘grandi’ della Sir: in mezzo che percorso hai fatto?

Dopo le giovanili a Perugia ho girato per tre-quattro anni. La prima esperienza è stata quella in Serie C a Foligno dove abbiamo vinto il campionato con mister Farinelli. Dopo sono andato in B ad Orvieto, poi ho fatto due anni stupendi in A2 a Porto Potenza Picena, dove ho vissuto il mio primo momento di pallavolo ad alti livelli. Quest’anno avevo iniziato in A2 con Santacroce, ma per una serie di motivi ci sono rimasto solo un mese e mezzo. Quando sono tornato a casa avevo dato per spacciata questa stagione. Nel frattempo mi ha richiamato Perugia… come dire di no? Ho preso al volo questa possibilità e da novembre faccio parte della Sir.

Com’è la giornata tipo di un giocatore della Sir?

È simile a quella di tanti altri sportivi: sveglia presto, colazione salutare, pranzo con pasta al pomodoro o in bianco, pomeriggio in palestra. I fine settimana sono tutti pieni. Se si gioca fuori si parte la mattina del sabato e si sta via fino a domenica. A volte faccio fatica perché finisco di allenarmi alle 19 e devo tornare a casa stanco, col traffico da Perugia… Quando ho dei momenti un po’ così vado ai Cappuccini e mi siedo su una panchina a rilassarmi, in totale solitudine. Se ti piace, questa è una bella vita, ma se non sei disposto a fare dei sacrifici diventa abbastanza impegnativa.

Che effetto ti fa essere parte di uno spogliatoio così pieno di campioni?

È un’emozione unica. La prima volta che sono entrato nello spogliatoio ero intimorito dalla risonanza dei loro cognomi: faccio parte di una squadra di dodici ragazzi che sono campioni famosi a livello nazionale ed internazionale. In più ora c’è anche il giocatore più forte al mondo, Leon.

Ti sei integrato bene, quindi?

Si, i compagni mi hanno reso partecipe sin da subito. La sorpresa più grande è stata quella di vedere un gruppo unito, molto alla mano, disponibile ed umile. Con Atanasijevic siamo diventati amici e vorrei fargli vedere Foligno prima o poi.

Passando al nostro territorio, che opinione hai del movimento pallavolistico di Foligno?

Seguo l’andamento delle squadre folignati e tifo sempre per loro. Negli ultimi due-tre anni c’è stato un incremento di attenzione e di questo sono contento. I risultati della Nazionale italiana alle Olimpiadi e ai Mondiali hanno fatto appassionare molta gente. Penso però che tutto il mondo della pallavolo abbia più bisogno di più pubblicità ed informazione per farsi conoscere.

Hai solo ventiquattro anni ma c’è qualcosa che potresti consigliare a un giovane sportivo che sogna di diventare grande nello sport?

La cosa fondamentale è crederci: è la mente che muove il corpo e questa può farti arrivare a risultati che pensavi di non poter raggiungere. Poi bisogna fare di tutto per ottenere quello a cui si aspira.

A un ragazzo che vuole sfondare nel volley, invece, cosa diresti?

Gli direi di fare tanto allenamento, di non pensare mai di saper fare una cosa ma di andare in palestra ogni giorno con la voglia di imparare e di fare sempre di più.

Qual è il tuo prossimo obiettivo? La Nazionale?

Prima di tutto è portare il primo posto nella fase finale della regular season. Poi penseremo ai playoff… A livello personale? Crescere e sì, raggiungere il mio sogno più alto: la Nazionale e le Olimpiadi!

GABRIELE GRIMALDI

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