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Ragazzi fragili

Dall’ansia da prestazione al conflitto con il proprio corpo, passando per il bisogno di appartenenza al gruppo e per un uso smodato dei device tecnologici e quindi dei social, i giovani di oggi fanno i conti con una precarietà emotiva che li destabilizza. Criticità che la pandemia ha fatto emergere in tutta la loro drammaticità e che Cnop e Miur hanno deciso di fronteggiare con protocolli ad hoc per l’ingresso a scuola della figura dello psicologo 

Emotivamente fragili. È così che si sono riscoperti i giovani dopo la pandemia. Il duro lockdown a cui sono stati sottoposti a causa del dilagare del Covid-19, che li ha allontanati dalla vita sociale, ha fatto emergere tutta una serie di criticità tra i ragazzi e le ragazze, che il Consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi e il Ministero dell’Istruzione hanno deciso di fronteggiare attraverso protocolli ad hoc. Lo scopo è quello di lavorare sulla prevenzione e sul loro benessere psicologico, facendo entrare all’interno delle scuole, in maniera strutturata, dei professionisti che stanno intervenendo attraverso varie attività: dallo sportello d’ascolto ad iniziative di psico-educazione all’interno delle classi. Ne abbiamo parlato con Simona Antonelli, psicologa che lavora anche all’interno delle scuole e quindi a stretto contatto con i giovani, per capire meglio come vivono oggi i nostri ragazzi.

Dottoressa Antonelli, qual è la situazione in Umbria?
“La nostra regione è stata tra quelle che ha partecipato di più alle attività avviate da Cnop e Miur, presentando, anche per prima, molti bandi. C’è stata una bella risposta, che coinvolge anche il territorio del Folignate” 

Parliamo di protocolli avviati a seguito della pandemia, ma post Covid cosa accadrà?
“Questo è un nodo centrale. Il Cnop sta lavorando anche con il Ministero dell’Istruzione e con gli Uffici scolastici regionali non solo sull’implementazione di questo servizio, ma anche per cercare di inquadrarlo in un contesto normativo. L’idea sarebbe quindi proprio quella di cercare di regolamentarlo e portarlo avanti, anche perché ad oggi si è trattato più di una sperimentazione. Il monitoraggio effettuato ha dato un buon riscontro sia sull’utilizzo del servizio da parte dei giovani sia sui benefici percepiti, per cui si sta lavorando perché gli si dia continuità” 

Quando si parla di giovani, oggi, si parla anche di bullismo. Qual è la situazione in questo momento? 
“Rispetto al fenomeno del bullismo, non ho notato un aumento o una diminuzione. È un fenomeno presente che, in realtà, all’interno della scuola è molto osservato. Mentre si riscontra un aumento dei sintomi internalizzanti, come ansia, problemi legati alla paura di stare in gruppo. Tutta una serie di manifestazioni che hanno più a che fare con il rapporto che ogni ragazzo ha poi dovuto maturare con se stesso rispetto a tutte le privazioni subite, piuttosto che un aumento diretto del bullismo che comunque è un fenomeno abbastanza stabile, ma già da prima della pandemia”

Possiamo dire, infatti, che il bullismo è sempre esistito, ma cos’è cambiato rispetto al passato?
“Diciamo che adesso c’è una sensibilità diversa che caratterizza anche tutto il personale scolastico, quindi gli stessi insegnanti hanno un’attenzione in più. È chiaro, però, che quello che è anche cambiato è l’utilizzo di tutti i device tecnologici e, di conseguenza dei social, che in qualche modo fanno da aggancio a queste dinamiche. Spesso, infatti, fenomeni come il bullismo si innescano proprio partendo dalla vita social, che poi viene in qualche modo riportata a scuola, per cui diventa anche quello un modo per avanzare comportamenti intimidatori, di sopraffazione. C’è un parallelismo tra queste due dinamiche. Dall’altra parte, credo che l’attenzione particolare che abbiamo noi adulti rispetto a queste dinamiche sia legata anche alla maggior conoscenza, perché è chiaro che anche il fatto che se ne parli molto di più, aiuta in qualche modo ad inquadrare meglio queste problematiche. Mentre prima c’era, forse, una normalizzazione a volte di questi fenomeni, che quindi spesso passavano inosservati”…

Di MARIA TRIPEPI

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