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Testimone di legalità

In un silenzio attento la comunità di Foligno si è fermata per ascoltare e poi riflettere sulle parole di Luca Arena, vittima di mafia che ha portato il suo racconto al Cammino dietro la Croce: “Bisogna essere dei ribelli buoni”

Vescia, venerdì 31 marzo: tappa centrale del Cammino dietro la Croce, il momento penitenziale che la pastorale giovanile di Foligno, ogni anno, organizza interessando una zona diversa della diocesi. Attorno al monumento dei Caduti sono riunite alcune centinaia di persone. In silenzio. Un silenzio attento, concentrato ad ascoltare la preziosa testimonianza di Luca Arena, solo 31 anni ma già ex testimone di giustizia. Incontro Luca nel salotto di casa della famiglia che lo ha ospitato. La solarità, l’entusiasmo e la grinta che trapelano dal suo sorriso sono travolgenti. Luca, sguardo profondo, sicuro e un marcato accento siculo che ne tradisce l’origine dalla provincia di Catania con qualche contaminazione messinese. Luca, giovane imprenditore funebre che, nel 2016, si mette in proprio e trova il coraggio di denunciare chi gli chiede il pizzo. Luca, che porta all’arresto di dodici mafiosi e la sua vita cambia per sempre.

Che cosa è per te, Luca, la mafia?
“La mafia è una cultura che inquina. Inquina perché deve essere capita. Se non la capisci, hai paura di lei. Se la capisci, sai come affrontarla. La mafia è un tabù, ma chi la vive sa come sconfiggerla, anche se è consapevole che ciò gli cambierà la vita. La mafia è una sfida per l’essere umano” 

Dove si trova il coraggio per denunciare?
“Non so perché le altre vittime denunciano la mafia. Ci sono moltissime ragioni per farlo. Io avevo paura di non vivere pienamente. Ero consapevole che con il mio modo di essere, avrei potuto trovare altri lavori, avrei potuto chiudere quella saracinesca e aprirne un’altra in un ambito diverso. La forza di denunciare è seguita al desiderio di inseguire il mio sogno, di essere libero: io ero attaccato alla libertà di essere imprenditore. Con un po’ di coraggio, sai che puoi migliorare la tua condizione ideale e il programma futuro delle tue idee” 

Alla tua denuncia segue un blitz. È il 5 dicembre 2016. Come è cambiato Luca dopo quel giorno?
“Dentro di me c’è sempre stato un animo buono: io ho sempre creduto nel bene. Dopo aver fatto quella scelta il 5 dicembre, però, mi sono liberato di quello che tenevo dentro. Non avevo più paura di quello che pensavo. E non ne ho più paura oggi. Dopo la denuncia, si spezzano le catene dei mafiosi, ma si spezzano anche le proprie catene, quelle interiori. Non si ha più paura di dire che la mafia fa schifo, che non si concepisce. Ecco, io sono cambiato radicalmente, anche se l’essenza è rimasta uguale, perché ero buono anche prima”

Hai mai pensato “tornassi indietro…”?
“All’inizio, quando pensavo di togliermi la vita, quando credevo di aver fatto uno sbaglio nel denunciare. Sapevo di aver fatto il giusto, ma ero condizionato dal mondo esteriore e dalle persone che mi circondavano: ex fidanzata, ex amici, ex squadra di calcio”…(CONTINUA…)

Di ANNAMARIA BARTOLINI

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