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Attenti al lupo

Aumentano gli avvistamenti e i danni causati nelle nostre montagne: la situazione fotografata da allevatori e associazioni di categoria è confermata dal vigente Piano faunistico venatorio regionale. Monitoraggio unica soluzione, secondo il progetto multimilionario ‘Life imagine Umbria’

Fauna selvatica e uomo: una convivenza che nel tempo è cambiata, insieme al mutamento degli equilibri naturali e al cambiamento del paesaggio rurale, sempre meno antropizzato. Anche in Umbria aumentano i casi di avvistamento di lupi e di capi di bestiame sbranati. L’ultimo episodio si è verificato sul monte Brunette, nella zona di Trevi. Aumentano i lupi dal comportamento aggressivo o – per usare un termine da addetti ai lavori – “confidenti”, ossia fortemente abituati alle persone, al punto da non averne paura e avvicinandosi a distanze inferiori ai 30 metri. “Siamo circondati dai lupi, arrivano fino al cancello di casa e ci sbranano puledri e pecore”: così all’Ansa due allevatori dello Spoletino, ma voci simili potrebbero provenire dall’Assisano o dalla Valnerina. I ripetuti episodi registrati nella nostra provincia e riportati dalla cronaca giornalistica non possono che indurre all’apertura di una riflessione profonda. Per comprendere lo stato delle cose in Umbria è fondamentale la lettura del rapporto del Piano faunistico venatorio della Regione che, fra l’altro, considera il tema della prevenzione e del controllo dei danni provocati dalla fauna selvatica con l’obbligo di interventi di controllo degli squilibri faunistici. Nella nostra regione, la parte preponderante dei danni da fauna selvatica è ascrivibile al cinghiale, “ma a seguito del progressivo ampliamento dell’areale del lupo, negli ultimi tempi, sono anche aumentate le denunce dei danni al patrimonio zootecnico, lamentate dagli allevatori”.

LUPI IN UMBRIA:
FINO AL 2014 CENSITI 154 ESEMPLARI
Dal documento sullo “Status delle conoscenze sulla fauna selvatica”, allegato al Piano faunistico venatorio regionale 2019-2023, si apprende che l’Osservatorio faunistico regionale negli anni dal 2006 al 2014 ha attivato una apposita convenzione con l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra) per l’analisi genetica di campioni biologici di presunto lupo raccolti sul territorio (depositi fecali, peli, campioni di urina, tessuti di animali rinvenuti morti). Da queste indagini, ormai datate, risulta che erano stati campionati 154 individui diversi di lupo nel corso dei 9 anni di ricerca. L’aspettativa di vita di un lupo – spiegano i ricercatori – è piuttosto breve e c’è un veloce ricambio di popolazione. L’individuo più longevo è stato campionato nell’arco di 9 anni. Tra gli esemplari c’è forte nomadismo e dispersione intraregionale documentata dall’indagine genetica. Come, ad esempio, dal caso di un lupo (WPG002M) campionato tra il 2006 e il 2008 nella zona delle Serre di Burano (Gubbio) e dei monti del Vento (Pietralunga), e poi nel 2013 e 2014 tra il monte Subasio e il Monterone (Assisi) con uno spostamento in dispersione di circa 47 km.

LUPO E BESTIAME,
ATTACCHI FRA APRILE E NOVEMBRE
Nella sintesi non tecnica del Piano faunistico venatorio si definisce come “capitolo rilevante” quello riguardante i danni alla zootecnia, con il lupo che ha ricolonizzato grandi parti del territorio regionale da cui era assente da decenni. “Questo processo ha portato ad un crescente conflitto con le attività zootecniche, soprattutto quelle legate al pascolo brado di ovini e bovini. Gli attacchi colpiscono una percentuale minima dei capi allevati in Umbria (era lo 0,3% nel 2004, secondo i dati sugli allevamenti di fonte Asl, oggi il dato non c’è), ma diventano problematici in situazioni particolari in cui singoli eventi con un gran numero di capi predati o serie ripetute di attacchi ad uno stesso allevatore provocano reali situazioni di “emergenza” e danno origine a forti contestazioni sulla gestione dei risarcimenti. “Gli eventi di predazione – affermano gli esperti regionali – sono prevalentemente distribuiti lungo la dorsale appenninica, ma ormai interessano quasi tutto il territorio regionale. Complessivamente sono distribuiti concentrandosi fra aprile e novembre, quando sia gli ovini che i bovini vengono condotti al pascolo brado nei territori montani e alto-collinari”. La normativa regionale è stata adeguata nel tempo sia ad alcune esigenze degli allevatori (ammissione del risarcimento per i capi feriti, per gli ungulati selvatici in allevamento a scopo alimentare, per lo smaltimento delle carcasse; L.R. n. 25/2004) che a quelle di una gestione più efficace (risarcimento legato all’uso dei mezzi di prevenzione; L.R. n. 17/2009).

SOLUZIONI? REGIONE:
NÉ CONTENIMENTO NÉ TRASLOCAZIONE
Il Piano faunistico venatorio vigente specifica come tra le specie particolarmente protette (art. 2, comma 1, legge 157/92) l’unica che nella nostra Regione attualmente causi danni di una certa rilevanza sia proprio il lupo. “Gli interventi di prevenzione dei danni causati da questa specie, devono essere incentrati nelle diverse modalità di conduzione del bestiame al pascolo. In tal senso – si legge nel documento – andrà incentivata, anche tramite l’erogazione di finanziamenti come previsto dall’art. 26 della L. 157/92 e dall’art. 37 della L.R. 14/94, la realizzazione di recinzioni e strutture che preservino gli animali dagli attacchi di questa specie”. Non mancano considerazioni sul fenomeno collaterale dei danni causati da cani randagi e rinselvatichiti. “Nelle aree dove non è accertata la presenza del lupo e vengono rilevati danni al patrimonio zootecnico, vanno attivate procedure di contenimento e limitazione del fenomeno del randagismo”. Per il lupo, invece, specie particolarmente protetta, il Piano specifica che “non sono ipotizzabili interventi che prevedano il contenimento numerico delle popolazioni esistenti sul territorio; anche la cattura finalizzata alla traslocazionenon è praticabile, per le difficoltà che comporta l’introduzione di una specie a così elevato “impatto” in aree non colonizzate spontaneamente… (continua…)

Di FEDERICA MENGHINELLA
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