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Si punta su giovani, innovazione e cultura d’impresa

Intervista a Corrado Bocci, presidente della sezione territoriale di Confindustria, che parla di alcuni temi chiave dell’azione di sviluppo delle aziende del territorio. Sulla Variante Sud dice: “opera indispensabile”

Appena archiviata l’assemblea nazionale di Confindustria nella quale, lo scorso 15 settembre, il presidente Bonomi poneva fra le urgenze della legge di bilancio quelle di affrontare i temi del taglio del cuneo fiscale, degli investimenti e delle riforme, a Foligno intervistiamo il presidente della sezione locale Corrado Bocci. Titolare dell’azienda Pav.I., specializzata nella costruzione di infrastrutture stradali, è stato confermato nel suo secondo mandato un anno fa alla guida della sezione territoriale di Confindustria per il biennio 2022-2024. A lui abbiamo chiesto di raccontare lo stato di salute – e le prospettive – delle imprese del territorio.

Presidente come descrive lo stato delle aziende associate?
“Dalla mia percezione posso dire che c’è una buona saturazione degli ordini e ogni impresa ha impegni, dunque la situazione è buona. Però devo rilevare che ci sono tre criticità molto serie: innanzitutto l’incertezza derivante dai costi dell’energia legati al conflitto russo-ucraino, che hanno tantissimi risvolti anche sulle nostre aziende. Avere una quota di mercato in tensione alle porte dell’Europa non aiuta.
La seconda criticità è nel mondo della finanza: il costo del denaro è alle stelle e di certo questo, per la capacità di investire delle nostre imprese, non aiuta.
C’è poi un discorso di posizionamento generale dell’Italia. Siamo la seconda manifattura in Europa: il manifatturiero nel Paese è molto forte ma se non si tutelerà con misure specifiche ne farà le spese tutta la nazione. Parlo di politiche a livello UE: molto dipenderà da come ci collocheremo e questi cambiamenti non saranno indifferenti per la loro ricaduta anche su scala locale. Siamo in un mondo globalizzato che però è molto più piccolo di quanto venga percepito in quanto a mercati. Abbiamo apprezzato la scelta di Confindustria, lo scorso gennaio, di aprire una sede di rappresentanza a Kiev: il mondo industriale italiano è presente e potremo giocare un ruolo importante nella ricostruzione; possiamo essere una leva di sviluppo fondamentale per il Paese. Un’altra partita cruciale per lo sviluppo delle imprese italiane sarà quella dell’immigrazione”

In che modo l’immigrazione può essere un tema afferente al mondo imprenditoriale?
“L’immigrazione è un fenomeno che non possiamo gestire da soli e costituisce un’esigenza di crescita in zone dove il benessere degli uomini non esiste, dove non si vive in modo accettabile. Esportare la nostra imprenditorialità in Nord Africa, Centro Africa e Mediterraneo è occasione di sviluppo per le nostre aziende e per quei territori. Sì, ci sono già imprese cinesi in Africa, che però arrivano con progetti predatori sotto forma di ‘dono’ e che nascondono questioni egoistiche; alla fine quelle opere scadenti restano cattedrali nel deserto.
Nelle zone a basso sviluppo il tema sociale si gestisce dando valore alle persone. Allora due sono i possibili meccanismi: ti pago perché esisti o – e questa è la scelta di dignità – ti pago perché lavori. Ma per attuare questa seconda opzione servono le imprese sui territori. Anche in Paesi dove c’è minor democrazia o dove è meno spiccata, le imprese sono baluardi di benessere e generano una distribuzione della ricchezza. In Africa e nel Mediterraneo gli italiani sono disposti a insegnare e diffondere il proprio modello lavorativo; le nostre imprese possono farsi esportatrici di pace e benessere contribuendo, al contempo, alla riduzione dei flussi migratori”

Dai macrotemi torniamo alla situazione locale. Come va il mondo dell’edilizia a Foligno?
“La carenza di manodopera e la mancanza di forza lavoro sono di certo un problema serio per le nostre aziende”

Un effetto dovuto al “boom Superbonus”?
“Che il 110% partisse da uno spirito condivisibile, quello di incentivare gli investimenti in edilizia per riqualificare il patrimonio immobiliare adeguandolo a nuovi criteri di risparmio energetico, è un dato di fatto. Rimettendo in moto un indotto enorme (dove un euro investito ne produce 5 sui territori) e con l’effetto indiretto di rimettere in moto i risparmi degli italiani. Il problema è stato nel deresponsabilizzare, senza far impiegare nulla di tasca propria. Questo ha provocato inflazione, speculazione, l’aumento dei prezzi e fenomeni di illegalità. Fosse stato il 70% gli effetti sarebbero stati totalmente diversi. Senza parlare dei mancati controlli”… (Continua…)

Di FEDERICA MENGHINELLA

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