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Mobbing e stress sul lavoro, oltre 160 i pazienti

In tre anni sono stati 800 gli accessi al servizio di ascolto e consulenza Mobbing della Usl 2 dell’Umbria. A essere maggiormente interessate dal fenomeno sono le donne, mentre sul fronte dell’età la questione risulta intergenerazionale

Il disagio dei lavoratori per mobbing o stress da lavoro correlato è costante e non è mutato nell’era Covid: sono circa 800 gli accessiche dall’estate 2020 a oggi certificano una continua esigenza di supporto psicologico da parte dei lavoratori, utenti del servizio di ascolto e consulenza Mobbing della Usl Umbria 2.
“Nel nostro caso ogni storia è una storia umana e necessita di molti incontri per essere ascoltata e compresa”: così lo psicologo del lavoro e psicoterapeuta Pietro Bussotti, dell’Ambulatorio per il disagio lavorativo, che insieme alla dottoressa Veronica Nicolic, dirigente medico del servizio Prevenzione e sicurezza luoghi di lavoro, ci accompagna nella conoscenza di numeri e tendenze.
Il dato di 800 accessi, definito dai sanitari “prudenziale e al ribasso”, riguarda oltre 160 utenti; ognuno di loro ha avuto una media di 5 accessi.

TERZIARIO, GRANDI AZIENDE ED ENTI
PIÙ A RISCHIO

Secondo una testimonianza prevalente- mente empirica e derivante dalla quotidiana attività ambulatoriale, Bussotti spiega: “Ogni settimana abbiamo in media 2-3 nuovi accessi e osserviamo una leggera prevalenza del sesso femminile. Altro dato interessante quello della nettissima prevalenza di lavoratori del settore terziario. Stress e mobbing principalmente colpiscono chi lavora in ufficio, soprattutto in aziende strutturate, di medie e grandi dimensioni ed enti pubblici. Un dato interessante, perché analizzando la morfologia del mercato del lavoro fra gli accessi non si rilevano mai artigiani; in compenso molti sono i lavoratori che ope- rano nella sfera intellettuale. Assente anche la categoria dei professionisti: da noi non arrivano avvocati, fisioterapisti o dentisti. In buona sostanza sembra non essere in target chi organizza in maniera autonoma il proprio lavoro o chi lavora in microaziende, che regolano in casa le situazioni di disagio. Assai raro ma non impossibile l’accesso al servizio di operai metalmeccanici o addetti all’agricoltura ma, come detto, la netta prevalenza è dal settore terziario”.

UN “MALE” INTERGENERAZIONALE
Quanto alla fascia di età maggiormente presente, è quella della più intensa attività lavorativa. Indicativamente dai 35 ai 50 anni, “ma solo come prevalenza; ci sono casi – spiega Bussotti – che hanno riguardato persone alla fine del proprio percorso lavorativo. Casi di marginalizzazione, conflittualità o attacco diretto: persone che in vista della pensione vengono messe da parte perché ‘non più produttive’ o comunque meno delle nuove risorse in ingresso. Dunque vengono registrati disagi consistenti in prossimità della pensione da parte di lavoratori che in quiescenza non ci vogliono andare (o non possono), perché si identificano molto in quello che fanno. Coloro che si rivolgono a noi danno al lavoro una grande importanza e ci credono tanto. Soffrono perché quel lavoro vogliono farlo bene. È un fenomeno residuale incontrare chi ‘ci marcia’: in prevalenza i nostri utenti chiedono giustizia e di lavorare di più e meglio. Quello di rivolgersi al servizio Mobbing per ‘fare causa’ o ‘mettere in difficoltà’ il datore di lavoro è un pregiudizio pubblico e – secondo il nostro osservatorio – un fenomeno del tutto residuale. I nostri utenti chiedono aiuto per avere giustizia: soprattutto nei casi di mobbing pesano le dinamiche di psicotraumatologia e non importa molto l’aspetto dei soldi o del risarcimento”.
Circa l’attività del servizio pre e post pande- mia, “sicuramente il Covid è stato un catalizzatore, velocizzando una serie di meccanismi sia sociali che di vita, già latenti. Molti sono stati i cambiamenti organizzativi in termini di psicologia del lavoro nelle aziende. Sicuramente il tecnostress è divenuto un tema centrale – evidenzia Bussotti – generando problemi nei lavoratori per un flusso di informazioni complesso e multiforme, per il quale si ritiene sempre di essere a credito di risposte istantanee; basti pensare ai feedback per i messaggi Whatsapp e le mail, atteso in tempo reale. C’è poi il tema del digital divide generazionale, che taglia fuori i lavoratori di età avanzata. Il tecnostress deriva dall’iperconnessione (anche solo con lo smartphone) e dalla necessità di essere multitasking: alcuni lavoratori sui quali c’è una variabile cognitiva generazionale si trovano in difficoltà”.

MOBBING SULLE DONNE
“SPESSO CON STRUMENTI LEGALI”

A pochi giorni dal 25 novembre, Giornata in- ternazionale per l’eliminazione della violenza contro le donne, il dottor Bussotti evidenzia anche un altro dato, rilevato empiricamente dagli accessi ambulatoriali: il mobbing esercitato sulle donne è frequentemente riconducibile all’identità di genere. Non solo nel senso delle molestie sessuali, che pure capitano di essere riferite frequentemente. Ma per l’espressione specifica di necessità tipiche del genere femminile (di cura e accudimento familiare, ad esempio) che vengono usate contro le donne… (Continua…)

Di FEDERICA MENGHINELLA

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