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“Non amiamo a parole ma con i fatti”

In tanti anni trascorsi sopra i libri di latino e greco, una delle frasi che più credo mi sia rimasta impressa, è l’affermazione che Admeto, nell’Alcesti di Euripide, senza troppi giri di parole, rivolge all’anziano padre che si rifiuta di morire per lui: tu mi hai amato a parole e non coi fatti. L’ho sempre trovata di un’attualità e di una verità quasi drammatiche. Quante volte, infatti, anche noi crediamo di dimostrare il bene che proviamo per qualcuno che abbiamo accanto, ma, nel momento del bisogno, ci tiriamo indietro? “Non amiamo a parole ma con i fatti” è lo stesso invito con cui papa Francesco ha richiamato la coscienza cristiana nel suo messaggio di indizione della I giornata mondiale dei Poveri, celebrata lo scorso 19 novembre: “I poveri non sono un problema, sono una risorsa cui attingere per accogliere e vivere l’essenza del Vangelo”. La crisi economica e l’immigrazione ci portano a pensare che la povertà sia solo materiale: il non arrivare a fine mese, lo straniero che arriva sul barcone e approda in Italia abbagliato dalla speranza di una vita più semplice e dignitosa. Chiusi nel nostro individualismo a 4G, finiamo con il credere che la povertà non ci riguardi mai in modo diretto. La scelta della Caritas diocesana di Foligno di provare a chiudere, in maniera provocatoria nella giornata mondiale dei Poveri, la mensa, è uno spunto interessante: il povero ci riguarda. Siamo tutti poveri, poveri anche per l’indifferenza con cui spesso guardiamo chi ci è intorno. Siamo poveri di un sorriso, poveri di una carezza, poveri di un gesto di carità con cui ridonare speranza e fiducia a chi crede che tutto sia finito. Non sono, infatti, povertà la solitudine e l’abbandono? Non sono povere tutte quelle famiglie dilaniate dal dramma della separazione o del divorzio? Tutti quei giovani che vivono il carcere della droga o dell’alcol, schiavi del giudizio di un gruppo e che mercificano la propria vita in cambio di un po’ di attenzione? E l’elenco potrebbe continuare a lungo. Amare in modo concreto ci chiede fatica, apertura, disponibilità. Ci chiede di spenderci e donarci con gratuità, consapevoli che il più delle volte finiremo in perdita e ci riscopriremo, noi per primi, dei poveri bisognosi d’aiuto. Le Young Caritas, il tentativo, cioè, di affidare ai più piccoli, con semplicità e per quanto possibile, la testimonianza della solidarietà verso i più poveri ai loro coetanei, come domenica 19 è stato fatto a Scafali, è l’ennesimo gesto per provare a sensibilizzare la comunità cittadina alla povertà. I poveri sono sempre più le famiglie, infatti: economicamente e d’affetto. Tenere aperta, d’ora in poi, l’Arca del Mediterraneo ogni sabato, per condividere un pranzo o una cena con chi è in difficoltà, è l’occasione in più per sentirci coinvolti, come persona e comunità anche parrocchiale, nella sofferenza del prossimo. La giornata dei Poveri possa continuare, allora, ogni giorno e sia per noi lo spunto per metterci in gioco con la fantasia della carità.

ANNAMARIA BARTOLINI

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