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Il segno dei tempi

Leggendo i “Taccuini” di Cesare Pascarella apprendo che il Topino, all’altezza del Ponte di Porta Firenze, già il 21 giugno 1895 somigliava ad una cloaca. Ma se al poeta romano allora il corso d’acqua si mostrava come un “fiumiciattolo sporco per l’acquazzone di questa notte” (una notte da incubo, scrive Pascarella, per la presenza di “una sorca” nella sua camera d’albergo) oggi affacciandoci dallo stesso ponte ci accorgiamo che alle pantegane si sono unite le nutrie e alle nutrie le papere. A quando i coccodrilli? Una cosa è certa, non vi guizzano più le trote servite al poeta in una locanda poco distante dal ponte. Bisogna che qualcuno lo scriva, anche a costo di risultare sgradito. Teniamocelo caro il fiume che lambisce le storiche mura, perché è sacro alla nostra piccola patria, se è vero che ne parla perfino Dante nella Divina Commedia. Le sue acque, che fecero grande la città muovendo le pale delle fabbriche, oggi sono colonizzate da quelle scomode presenze, criterio affidabile per una lettura del segno dei tempi.

GIOVANNI PICUTI

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