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“L’‘anello debole’ è il ceto medio”

Il direttore della Caritas diocesana, Mauro Masciotti, traccia il profilo di chi, oggi, si trova sempre più stretto tra difficoltà economiche, personali e sanitarie. “I nuovi poveri sono le famiglie e i titolari di piccole e medie imprese che non ce la fanno più ad arrivare a fine mese”

Il 17 ottobre scorso Caritas Italiana ha presentato il 21esimo rapporto su povertà ed esclusione sociale dal titolo “L’anello debole”. Nelle prossime settimane toccherà alle Caritas dell’Umbria, che illustreranno in un incontro comune le difficoltà e i problemi riscontrati sui vari territori del Cuore verde d’Italia. In attesa di conoscere i numeri di questa nuova emergenza, abbiamo intervistato il direttore dell’Ufficio pastorale della Diocesi di Foligno, Mauro Masciotti, per capire qual è la situazione nella nostra comunità.

Direttore Masciotti, partiamo dal recente rapporto realizzato da Caritas Italiana. Chi è oggi l’anello debole? 
“Non vorrei essere troppo crudo, ma l’‘anello debole’ in questo momento è il ceto medio, perché comunque le povertà estreme le stiamo accompagnando con gli ammortizzatori sociali, con gli aiuti caritativi. Ma c’è tutta una nuova fascia di famiglie e di piccole aziende che sta per cadere in povertà. Vedo questo nella nostra comunità.
I dati della povertà estrema sono sempre quelli, si sono stabilizzati, sia negli ingressi nelle mense che, ad esempio, nei dormitori. Quello che è nuovo è questa grande fascia di famiglie che ha cominciato a chiederci di essere accompagnata. Per noi è un grande stimolo, ma anche una responsabilità e soprattutto desta preoccupazione, perché dover rispondere appunto ad un ‘anello’ della nostra società così importante è una novità per noi e se le cose dovessero proseguire lungo questa strada non credo che saremo in grado di far fronte pienamente a queste esigenze”
Chi fa parte di questo “anello debole” che tipo di accompagnamento chiede alla Caritas?
“Intanto va sottolineato un vero e proprio grido di allarme da parte di piccole e medie imprese, preoccupate dal fatto che se dovessero chiudere anche per un periodo poi potrebbero non avere la capacità di riaprire, di ripartire. È una preoccupazione che arriva ai nostri Centri di ascolto sia da parte di chi ha un’impresa, ma anche delle famiglie che lavorano all’interno di queste realtà e che quindi rischiano di perdere il posto di lavoro. I timori più forti sono legati al fatto di non riuscire a far fronte all’aumento delle utenze. Quindi, da una parte registriamo questo allarme per l’immediato futuro, dall’altra c’è già chi è in difficoltà e quindi ci sta chiedendo un aiuto per pagare, ad esempio, le bollette di luce e gas. Difficoltà che, in alcuni casi, sono accentuate per chi ha sulle spalle anche le spese di un mutuo o dell’affitto di casa. Famiglie che quindi, di fatto, stanno raggiungendo il limite delle loro possibilità economiche. Per noi, tutto questo, rappresenta però anche uno stimolo per cambiare il modo di lavorare, concretizzando quella ‘cultura del campanello’, quell’attenzione capillare al territorio, affinché si possano attivare vari percorsi in base alle povertà ma anche alle ricchezze delle varie zone della nostra diocesi… (CONTINUA…)
di MARIA TRIPEPI

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